Ole Chiudigliocchi


Une semaine du petit elfe Ferme-l'œil


In tutto il mondo non c'è nessuno che sappia tante storie quante ne sa Ole Chiudigliocchi. E come le sa raccontare!
Verso sera, quando i bambini sono ancora seduti a tavola, o sulle loro seggiole, arriva Ole Chiudigliocchi, sale le scale silenziosamente, perché cammina senza scarpe, apre lentamente la porta e plaff! spruzza un po' di latte negli occhietti dei bambini, poco, poco, ma comunque abbastanza perché loro non riescano più a tenere gli occhi aperti e perciò non lo vedano; sguscia dietro di loro, gli soffia dolcemente sul collo e subito sentono la testa pesante, ma non tanto da far male; perché Ole Chiudigliocchi vuole il bene dei bambini, desidera soltanto che stiano tranquilli, e loro sono davvero tranquilli solo quando finalmente vanno a letto e devono stare zitti perché lui possa raccontare le sue storie.
Quando i bambini finalmente dormono, Ole Chiudigliocchi si siede sul loro letto; ha un bel vestito, un mantello di seta, ma è impossibile dire di che colore è perché a ogni suo movimento ha riflessi ora verdi, ora rossi, ora blu. Tiene sotto le braccia due ombrelli, uno pieno di figure, e lo apre sopra i bambini buoni che così sognano per tutta la notte le storie più belle, l'altro invece non ha niente e viene aperto sui bambini cattivi che così dormono in modo strano e quando si svegliano la mattina, non hanno sognato niente.
Ora ascoltiamo come Ole Chiudigli occhi per tutta una settimana si è recato da un bambino di nome Hjalmar, e sentiamo che cosa gli ha raccontato. Sono sette storie in tutto, perché ci sono sette giorni in una settimana.
Lunedì
"Stai a sentire!" disse Ole Chiudigliocchi, dopo aver messo a letto Hjalmar "ora voglio addobbare la stanza" e così tutti i fiori dei vasi si trasformarono in grandi alberi, che allungarono i rami fin sotto il soffitto e lungo le pareti così da far diventare la stanza una bellissima pergola, e tutti i rami erano carichi di fiori e ogni fiore era più bello della rosa, profumava deliziosamente e, se lo si mangiava, era più dolce della marmellata; i frutti brillavano come fossero d'oro e poi c'erano panini dolci che scoppiavano perché pieni di uva sultanina: era davvero incredibile. Ma in quel momento si sentirono lamenti spaventosi venire dal cassetto del tavolo, dove Hjalmar aveva riposto i libri di scuola.
"Che succede?" esclamò Ole Chiudigliocchi andando al tavolo, e aprì il cassetto. Era la lavagna che soffriva e si sentiva oppressa perché c'era un numero sbagliato nell'operazione di aritmetica e stava per buttare tutto all'aria. Il gessetto, legato a una cordicella, si agitava come un cagnolino, perché voleva aiutare la lavagna a fare l'operazione, ma non ci riusciva. Poi anche il quaderno di calligrafìa di Hjalmar cominciò a lamentarsi, era proprio straziante da ascoltare! Su ogni pagina si trovavano in colonna tutte le lettere maiuscole, e vicino quelle minuscole - erano il modello di calligrafìa - e di seguito si trovavano altre lettere che credevano di essere identiche alle prime, queste le aveva scritte Hjalmar e sembrava fossero cadute giù dalle righe su cui avrebbero dovuto stare.
"Guardate, è così che dovete stare!" dissero i modelli "così, ancora un po' da questa parte, con un colpetto!"
"Oh, ci piacerebbe proprio", risposero le lettere di Hjalmar "ma non ci riusciamo, siamo cosi deboli!"
"Allora vi daremo la purga!" esclamò Ole Chiudigliocchi.
"Oh no!" gridarono le lettere, e si drizzarono che era un piacere guardarle.
"Ecco, così non abbiamo tempo di raccontare la storia!" commentò Ole Chiudigliocchi "ma voi dovete fare un po' di esercizi, un-due, un-due" e così le lettere fecero un po' di ginnastica e diventarono dritte e robuste proprio come i modelli; ma quando Ole Chiudigliocchi se ne andò e Hjalmar al mattino andò a guardarle, erano deboli come il giorno prima.
Martedì
Non appena Hjalmar fu a letto, Ole Chiudigliocchi toccò con la siringa magica tutti i mobili che c'erano nella stanza e subito questo cominciarono a parlare, e tutti raccontavano di se stessi eccetto la sputacchiera che se ne stava zitta e arrabbiata perché gli altri erano così vanitosi da parlare solo di sé e pensare solo a se stessi, e non pensavano affatto a lei che se ne stava sola in un angolo e si faceva sputare addosso.
Sopra il comò era appeso un grande quadro in una cornice dorata; rappresentava un paesaggio, si vedevano alberi alti e antichi, fiori tra l'erba e un grande lago con un fiume che scorreva dietro il bosco, passava davanti a molti castelli e si gettava infine nell'immenso mare.
Ole Chiudigliocchi toccò il quadro con la siringa magica e subito gli uccelli cominciarono a cantare, i rami degli alberi a agitarsi e le nuvole a passare nel cielo, tanto che si potevano vedere le ombre sul paesaggio.
Ole Chiudigliocchi sollevò il piccolo Hjalmar fino alla cornice e il bimbo infilò le gambine nel quadro, proprio tra l'erba alta, e lì rimase; il sole splendeva tra i rami degli alberi e giungeva fino a lui. Corse fino al lago, salì su una barchetta che si trovava lì, colorata di rosso e bianco, le vele splendenti come argento, e sei cigni, con una corona d'oro intorno al collo e una stella azzurra che brillava sul capo, diressero la barca attraverso i verdi boschi, dove gli alberi raccontavano di giganti e di streghe e i fiori narravano dei graziosi elfi o di quello che avevano sentito dalle farfalle.
I pesci più belli, con le squame che sembravano d'oro e d'argento, nuotavano dietro la barchetta, ogni tanto spiccavano un salto e ricadevano di nuovo in acqua, e gli uccelli, rossi e blu, grandi e piccoli, volavano in due lunghe file seguendo la barca, i moscerini danzavano e i maggiolini facevano bum, bum. Tutti volevano seguire Hjalmar, e ognuno di loro aveva una storia da raccontare.
Era proprio una bella gita! A volte i boschi si infittivano ed erano tutti scuri, a volte sembravano splendidi giardini rischiarati dal sole e pieni di fiori, e c'erano grandi castelli di vetro e di marmo; sui balconi erano uscite le principesse, e erano tutte bambine che Hjalmar conosceva, perché aveva giocato con loro altre volte. Tesero le mani verso il ragazzo e ognuna aveva un maialino di marzapane molto più grazioso di quelli che si comprano dalla venditrice ambulante, e Hjalmar afferrò il maialino di marzapane mentre passava con la barca, ma la principessa lo teneva ben stretto, cosi ognuno rimase con un pezzo di maialino, lei col più piccolo, Hjalmar col più grosso! A ogni castello stavano di guardia principini che salutarono con la sciabola d'oro e fecero cadere una pioggia di canditi e di soldatini di piombo; erano ottimi principi!
Hjalmar passava ora attraverso boschi, ora attraverso grandi radure, ora tra villaggi; passò anche nel villaggio in cui abitava la sua balia, che lo aveva tenuto in braccio quand'era molto piccolo e gli aveva voluto così bene; lei gli fece cenno e lo salutò, e gli cantò quella graziosa canzoncina che lei stessa aveva scritto per Hjalmar:
Io penso a te tante volte Mio caro Hjalmar, mio tesoro! Oh, quanto ho baciato la tua piccola bocca, la tua fronte, le tue guancine rosse. Ho ascoltato le tue prime parole e ti ho dovuto dire addio. Che il Signore ti benedica sulla terra, angelo del cielo!
E tutti gli uccelli si unirono al canto, i fiori danzarono sul loro stelo e gli alberi si piegarono, era come se Ole Chiudigliocchi raccontasse le storie anche a loro.
Mercoledì
Come scrosciava la pioggia fuori! Hjalmar la sentiva nel sonno! E quando Ole Chiudigliocchi aprì la finestra, l'acqua era arrivata fino al davanzale, era tutto un grande lago là fuori e una splendida nave era ancorata proprio davanti alla casa.
"Vuoi venire con me sulla nave, piccolo Hjalmar?" chiese Ole Chiudigliocchi "così stanotte potremo raggiungere paesi sconosciuti e saremo di ritorno domattina."
Subito Hjalmar si trovò sulla splendida nave col suo vestito della domenica e venne il bel tempo così navigarono lungo le strade, girarono dietro la chiesa e si trovarono nell'immenso mare. Navigarono a lungo, la terra non si scorgeva più, poi videro uno stormo di cicogne, che proveniva dal loro stesso paese e si dirigeva verso i paesi caldi; volavano tutte allineate una dietro l'altra e avevano già volato per molto, molto tempo una di loro era così stanca che le sue ali non riuscivano più a reggerla, era l'ultima della fila e presto rimase indietro rispetto alle altre, alla fine precipitò sempre più in basso con le ali aperte, sfiorò con le zampe l'albero della nave, scivolò lungo la vela e bum! si trovò sul ponte.
Un mozzo la prese e la portò nel pollaio, tra galline, anatre e tacchini; la povera cicogna si sentì tutta avvilita in mezzo a loro.
"Ma che strano tipo!" esclamarono le galline.
Il tacchino si gonfiò più che potè e chiese chi fosse, e le anatre si tirarono indietro, urtandosi tra loro e dicendo: "Muoviti, muoviti!".
La cicogna raccontò della calda Africa, delle piramidi e dello struzzo, che correva come un cavallo selvaggio in mezzo al deserto, ma le anatre non capivano e si urtavano tra loro dicendo: "Siamo d'accordo che è una stupida?".
"Certo che è stupida!" ripetè il tacchino e poi gorgogliò. Allora la cicogna tacque e si mise a pensare alla sua Africa.
"Che belle zampe snelle ha lei!" osservò il tacchino. "Quanto costano al metro?"
"Qua, qua, qua!" risero tutte le anatre, ma la cicogna finse di non aver sentito.
"Lei potrebbe ridere con noi!" le disse il tacchino "dato che era una bella battuta! o forse era troppo volgare per lei! ah! ah! lei non è una mente aperta! allora ci divertiremo per conto nostro!" e le galline chiocciarono, e le anatre schiamazzarono "gik! gak! gik!" era spaventoso vedere come trovavano divertenti certe cose!
Ma Hjalmar arrivò al pollaio, aprì la porta, chiamò la cicogna che gli andò incontro; ora si era riposata e sembrava volesse ringraziare Hjalmar col capo; poi spiegò le ali e volò verso i paesi caldi; intanto le galline chiocciavano, le anatre schiamazzavano e il tacchino era diventato tutto rosso in viso.
"Domani faremo un buon brodo con voi!" disse Hjalmar, e si svegliò di nuovo nel suo lettino. Era stato un viaggio meraviglioso quello che Ole Chiudigliocchi gli aveva fatto fare quella notte!
Giovedì
"Ascolta un po'" disse Ole Chiudigliocchi "non spaventarti; adesso vedrai una topolina!" e intanto tendeva verso di lui la mano con una leggera e graziosa topolina. "È venuta a invitarti a un matrimonio. Ci sono due topolini che questa notte si sposeranno. Abitano sotto il pavimento della dispensa di tua madre, deve essere proprio un bell'appartamentino!"
"Ma come faccio a passare attraverso il buchino dei topi che c'è nel pavimento?" chiese Hjalmar.
"Lascia fare a me!" rispose Ole Chiudigliocchi. "Ti faccio diventare piccolo piccolo" e lo sfiorò con la sua siringa magica: subito Hjalmar rimpicciolì fino a diventare alto come un dito. "Ora potrai indossare i vestiti del soldatino di piombo, penso che ti vadano bene, e poi sta bene indossare l'uniforme quando si va in società!"
"Certamente" rispose Hjalmar, e in un attimo si trovò vestito come il più grazioso dei soldatini di piombo.
"Vuole essere così gentile da sedersi nel ditale di sua madre?" gli disse la topolina "così avrò l'onore di condurla!"
"Dio mio! deve disturbarsi la signorina?" chiese Hjalmar, e così partirono per il matrimonio dei topolini.
Passando sotto il pavimento, entrarono in un lungo corridoio, largo appena per passarci con un ditale, e tutto illuminato di legno marcio.
"Sente che buon odore c'è qui?" chiese la topolina che lo tirava "tutto il corridoio è stato spalmato di lardo. Non potevano trovare niente di meglio!"
Infine entrarono nel salone delle nozze: a destra si trovavano tutte le signore tope che chiacchieravano e spettegolavano, come se si prendessero in giro a vicenda; a sinistra avevano preso posto tutti i signori topi che si lisciavano i baffi con le zampette; in mezzo alla sala stavano gli sposi, erano in piedi dentro una crosta di formaggio incavata e si baciavano appassionatamente davanti agli occhi di tutti, perché ormai erano fidanzati e presto si sarebbero sposati.
Continuavano a arrivare nuovi invitati, i topi rischiavano ormai di calpestarsi a vicenda così gli sposi si misero davanti alla porta in modo che non si potesse più né entrare né uscire. Anche la sala era stata spalmata di lardo come il corridoio, e questo era il rinfresco, ma come dessert venne servito un pisello, su cui un topolino della famiglia aveva inciso coi dentini il nome degli sposi, o meglio le loro iniziali: una cosa proprio fuori dell'ordinario!
Tutti i topi affermarono che era stato un bel matrimonio e che la conversazione era stata davvero piacevole.
E Hjalmar ritornò a casa; era stato senza dubbio nell'alta società, ma per fare questo aveva dovuto rimpicciolirsi e indossare l'uniforme del soldatino di piombo.
Venerdì
"E da non credere quante persone adulte mi vorrebbero!" disse Ole Chiudigliocchi "soprattutto quelle che hanno fatto del male. Mi dicono: "Caro, piccolo Ole, non riusciamo a chiudere gli occhi e per tutta la notte guardiamo le nostre brutte azioni, che sotto forma di mostriciattoli si siedono sul letto e ci spruzzano addosso acqua bollente; vuoi venire a cacciarli via, così che possiamo dormire bene?" e sospirano profondamente "e ti pagheremmo volentieri, buona notte, Ole! i soldi sono sul davanzale!." Ma io non lo faccio per i soldi!" concluse Ole Chiudigliocchi.
"Che cosa facciamo questa notte?" gli chiese Hjalmar.
"Non so se hai ancora voglia di andare a un matrimonio, ma è ben diverso da quello di ieri. La bambola grande di tua sorella, quella che sembra proprio un giovanotto e che si chiama Herman, si sposa con la bambola Bertha; inoltre è anche il suo compleanno, quindi ci saranno moltissimi regali."
"Sì, la conosco bene!" rispose Hjalmar "quando le bambole hanno bisogno di nuovi vestiti, allora mia sorella trova la scusa di un compleanno o di un matrimonio! è già successo almeno cento volte!"
"Sì, ma questa notte è il centounesimo matrimonio, quindi sarà una festa senza limiti. Vieni a vedere!"
Hjalmar guardò allora sul tavolo; c'era una casetta di cartone con le finestre illuminate e tutti i soldatini di piombo presentavano le armi all'ingresso. Gli sposi erano seduti sul pavimento e si appoggiavano a una gamba del tavolo; erano pensierosi, e forse avevano le loro ragioni. Ole Chiudigliocchi aveva indossato una gonna nera della nonna e diede loro la benedizione. Finita la cerimonia, tutti i mobili della stanza intonarono la seguente bella canzone che era stata scritta dalle matite, sull'aria della ritirata:
Il nostro canto giungerà
agli sposi come il vento
essi stanno tutti rigidi,
fatti di pelle di guanto.
Evviva gli sposi di pelle di guanto
cantiamo con forza nel vento!
Poi ricevettero i regali, ma rifiutarono tutte le cose da mangiare perché a loro bastava l'amore.
"Ora andiamo in campagna o facciamo un viaggio all'estero?" chiese la sposa, e così vennero interpellate la rondine, che aveva viaggiato tanto, e la vecchia chioccia, che aveva covato cinque volte i pulcini. La rondine raccontò dei bei paesi caldi, dove i grappoli d'uva sono grandi e pesanti, dove l'aria è mite e le montagne hanno colori che non si possono immaginare!
"Ma non hanno il nostro cavolo verde! " esclamò la chioccia. "Io mi trovai un'estate in campagna con i miei pulcini, e c'era una cava di sabbia dove andavamo a raspare, e poi potevamo entrare in un orto pieno di cavoli verdi! Com'erano verdi! non riesco a immaginare niente di più bello!"
"Ma i torsi del cavolo sono tutti uguali!" commentò la rondine "e poi qui c'è spesso cattivo tempo!"
"Ma a questo si è abituati" replicò la chioccia.
"Qui fa molto freddo e si gela!"
"Ma al cavolo fa bene! " disse la chioccia. "Inoltre anche qui può venire il caldo. Non abbiamo avuto quattro anni fa un'estate che durò cinque settimane? Faceva così caldo che non si riusciva più a respirare! E poi qui non ci sono tutti quegli animali velenosi che si trovano all'estero. E non abbiamo neppure i briganti! È vile chi non riconosce che il nostro paese è il più bello: non merita neppure di abitare qui!" e intanto la chioccia piangeva. "Anch'io ho viaggiato: ho percorso in una botte più di dodici miglia! Non c'è proprio niente di divertente nel viaggiare!"
"È vero! La chioccia è una signora intelligente" esclamò la bambola Bertha. "Nemmeno a me piace viaggiare sulle montagne, non è altro che salire e scendere! No, preferisco trasferirmi vicino a una cava di sabbia e passeggiare nell'orto dei cavoli."
E così fecero.
Sabato
"Mi racconti una storia?" esclamò il piccolo Hjalmar, non appena Ole Chiudigliocchi lo ebbe messo a letto.
"Questa sera non abbiamo tempo! " rispose Ole, e aprì il suo bell'ombrello sul bambino. "Guarda i cinesi!" e tutto l'ombrello sembrava ora un vaso cinese con gli alberi azzurri e i ponti a sella d'asino su cui passavano cinesini che facevano cenni con la testa. "Dobbiamo pulire e rendere bello tutto il mondo per domani" spiegò Ole "perché domani è festa, è domenica. Devo salire sul campanile per vedere se i folletti della chiesa hanno lucidato le campane, così che suonino bene domani, devo andare nei campi a controllare che il vento abbia soffiato via la polvere dall'erba e dalle foglie, e poi devo tirar giù dal cielo tutte le stelle per lustrarle un po', e questa è la fatica più grande! Le metto nel mio grembiule, ma prima devo numerarle e devo anche numerare i buchi dove sono fissate nel cielo perché così posso rimetterle al loro posto. Altrimenti non sarebbero ben fissate e avremmo troppe stelle cadenti: cadrebbero tutte, una dopo l'altra!"
"Senta un po', signor Chiudigliocchi" disse un vecchio ritratto che era appeso nella camera di Hjalmar "io sono il bisnonno di Hjalmar; la ringrazio per le storie che lei racconta al ragazzo, ma non deve confondergli le idee. Le stelle non possono essere tirate giù e lustrate: le stelle sono globi proprio come la terra, e proprio qui sta la loro bellezza!"
"Grazie, vecchio bisnonno!" rispose Ole Chiudigliocchi "grazie mille! Tu sei la zucca della famiglia, la zucca più antica! ma io sono molto più vecchio di te. Sono un vecchio pagano, i greci e i latini mi chiamavano Dio dei Sogni. Sono entrato nelle case più signorili e le frequento ancora adesso, so stare con i piccoli e con i grandi. Adesso prova a raccontare tu!" e se ne andò col suo ombrello.
"Adesso non si può più neppure dire la propria opinione!" brontolò il vecchio ritratto.
E Hjalmar si svegliò.
Domenica
"Buona sera" disse Ole Chiudigliocchi e Hjalmar lo salutò col capo, ma subito saltò fuori dal letto e andò a girare il ritratto del bisnonno verso la parete, perché non potesse intervenire come aveva fatto il giorno prima.
"Adesso mi devi raccontare le storie dei "Cinque piselli in un baccello," del "Gallo che faceva la corte alla gallina" e dell'" Ago da rammendo" che era così delicato da credere di essere un ago da ricamo!"
"Il troppo stroppia!" esclamò Ole Chiudigliocchi "preferisco mostrarti qualcosa, e precisamente mio fratello, che pure si chiama Ole Chiudigliocchi, ma che non va mai dalle persone più di una volta, e quando ci va le porta via con sé sul suo cavallo e racconta loro delle storie; ne conosce soltanto due: una è così straordinariamente bella che nessuno al mondo se la può immaginare, e l'altra è così orribile e spaventosa da non poterla raccontare!" e Ole Chiudigliocchi sollevò il piccolo Hjalmar fino alla finestra e gli disse: "Da qui vedrai mio fratello, l'altro Ole Chiudigliocchi; lo chiamano anche Morte; ma vedrai che non è affatto brutto come compare sui libri di figure dove è solo uno scheletro. In realtà ha un abito tutto ricamato d'argento, una bellissima uniforme da ussaro! Un mantello di velluto nero vola nel vento, dietro il cavallo; guarda come va al galoppo!".
E Hjalmar vide come quell'Ole Chiudigliocchi cavalcava via, prendendo sul cavallo giovani e vecchi. Alcuni li metteva davanti, altri dietro, ma prima chiedeva sempre: "Che voti hai preso sulla pagella?".
"Buono" rispondevano tutti, ma lui diceva: "Fatemi vedere!" e così gli mostravano la pagella, e quelli che avevano "buono" e "ottimo" erano messi davanti a ascoltare la bella storia, quelli che invece avevano meritato "sufficiente" o "scarso" si sedevano dietro a ascoltare la storia spaventosa; allora tremavano e piangevano, volevano saltare giù dal cavallo, ma non potevano farlo: erano come inchiodati.
"La Morte allora è un Ole Chiudigliocchi straordinario!" esclamò Hjalmar "io non ho affatto paura di lui!"
"Infatti non ne devi avere!" gli rispose Ole Chiudi gliocchi. "Basta che tu abbia una bella pagella!"
"Questo sì che è istruttivo!" borbottò il ritratto del bisnonno "allora è utile dire la propria opinione" e così si sentì soddisfatto.
Questa è la storia di Ole Chiudigliocchi; questa sera te ne potrà raccontare altre lui stesso.
Dans le monde entier, il n'est personne qui sache autant d'histoires que Ole Ferme-l'œil. Lui, il sait raconter...
Vers le soir, quand les enfants sont assis sagement à table ou sur leur petit tabouret, Ole Ferme-l'œil arrive, il monte sans bruit l'escalier - il marche sur ses bas - il ouvre doucement la porte et pfutt! il jette du lait doux dans les yeux des enfants, un peu seulement, mais assez cependant pour qu'ils ne puissent plus tenir les yeux ouverts ni par conséquent le voir; il se glisse juste derrière eux et leur souffle dans la nuque, alors leur tête devient lourde, lourde - mais ça ne fait aucun mal, car Ole Ferme-l'œil ne veut que du bien aux enfants - il veut seulement qu'ils se tiennent tranquilles, et ils le sont surtout quand on les a mis au lit.
Quand les enfants dorment, Ole Ferme-l'œil s'assied sur leur lit. Il est bien habillé, son habit est de soie, mais il est impossible d'en dire la couleur, il semble vert, rouge ou bleu selon qu'il se tourne, il tient un parapluie sous chaque bras, l'un décoré d'images et celui-là il l'ouvre au-dessus des enfants sages qui rêvent alors toute la nuit des histoires ravissantes, et sur l'autre parapluie il n'y a rien. Il l'ouvre au-dessus des enfants méchants, alors ils dorment si lourdement que le matin en s'éveillant ils n'ont rien rêvé du tout.
Et maintenant nous allons vous dire comment Ole Ferme-l'œil, durant toute une semaine, vint tous les soirs chez un petit garçon qui s'appelait Hjalmar. Cela fait en tout sept histoires puisqu'il y a sept jours dans la semaine.
LUNDI
- Ecoute un peu, dit Ole Ferme-l'œil le soir lorsqu'il eut mis Hjalmar au lit, maintenant je vais décorer ta chambre. Et voilà que toutes les fleurs en pots devinrent de grands arbres étendant leurs branches jusqu'au plafond et le long des murs, de sorte que la pièce avait l'air d'une jolie tonnelle. Toutes les branches étaient couvertes de fleurs chacune plus belle qu'une rose embaumant délicieusement, et s'il vous prenait envie de la manger, elle était plus sucrée que de la confiture. Les fruits brillaient comme de l'or et il y avait aussi des petits pains mollets, bourrés de raisins, c'était merveilleux. Mais tout à coup, des gémissements lamentables se firent entendre dans le tiroir de la table où Hjalmar rangeait ses livres de classe.
- Qu'est-ce que c'est? dit Ole.
Il alla vers la table, ouvrit le tiroir. C'était l'ardoise qui se trouvait mal parce qu'un chiffre faux s'était introduit dans le calcul, le crayon d'ardoise sautait et s'agitait au bout de sa ficelle comme s'il était un petit chien, il aurait voulu corriger le calcul mais il n'y arrivait pas. Et puis il y avait le cahier d'écriture de Hjalmar, il se lamentait en dedans que ça faisait mal de l'entendre! Sur chaque page il y avait des lettres majuscules modèles, chacune avec une petite lettre à côté d'elle formant une rangée modèle du haut en bas, et à côté de celles-là, il y en avait qui croyaient être semblables aux modèles, c'étaient celles que Hjalmar avait écrites, celles-là allaient tout de travers comme si elles avaient trébuché sur le trait de crayon où elles auraient dû se poser.
- Regardez! Voilà comment il faut vous tenir, disait le modèle, comme ça, à côté de moi, d'un seul trait.
- Oh! nous voudrions bien, disaient les lettres de Hjalmar, mais nous n'y arrivons pas, nous sommes très malades.
- Alors, il faut vous purger, disait Ole Ferme-l'œil.
- Oh! non, non, criaient-elles.
Et les voilà debout toutes droites que c'en était un plaisir de les voir.
- Mais maintenant nous n'allons pas raconter d'histoire, dit Ole Ferme-l'œil. Il faut que je leur fasse faire l'exercice!
Un deux, un deux! et il fit faire l'exercice aux lettres. Elles se tenaient aussi droites, étaient aussi bien constituées que n'importe quel modèle, mais une fois Ole Ferme-l'œil parti, quand Hjalmar alla les voir, elles étaient aussi lamentables qu'auparavant.
MARDI
Aussitôt que Hjalmar fut au lit, Ole Ferme-l'œil toucha de sa petite seringue magique tous les meubles de la chambre, aussitôt ils se mirent tous à bavarder, mais ils ne parlaient que d'eux-mêmes, sauf le crachoir qui restait muet mais s'irritait de les voir si vaniteux, ne s'occupant que d'eux mêmes, ne pensant qu'à eux-mêmes et n'ayant pas la plus petite pensée pour lui qui, modestement, restait dans son coin et tolérait qu'on lui crache dessus.
Au-dessus de la commode était suspendue une grande peinture dans un cadre doré, on y voyait un paysage avec de grands vieux arbres, des fleurs dans l'herbe, une pièce d'eau et une rivière qui coulait derrière le bois, passait devant de nombreux châteaux et se jetait au loin dans la mer libre.
Ole Ferme-l'œil toucha le tableau de sa seringue, alors les oiseaux peints commencèrent à chanter, les branches des arbres ondulèrent et les nuages coururent dans le ciel, on pouvait voir leur ombre se déplacer sur le paysage.
Ole Ferme-l'œil souleva Hjalmar jusqu'au cadre et le petit garçon posa ses jambes dans la peinture et le voilà debout dans l'herbe haute, le soleil brillait sur lui à travers la ramure.
Il courut jusqu'à l'eau, s'assit dans la barque peinte en rouge et blanc, les voiles brillaient comme de l'argent et six cygnes portant chacun un collier d'or autour du cou et une étoile bleue étincelante sur la tête, tiraient le bateau au long de la verte forêt où les arbres parlaient de brigands et de sorcières et les fleurs de ravissants petits elfes et de ce que les papillons leur avaient raconté.
De beaux poissons aux écailles d'or et d'argent nageaient derrière la barque, de temps en temps ils faisaient un saut et l'eau clapotait, les oiseaux rouges et blancs, grands et petits, volaient derrière en deux longues rangées, les moustiques dansaient, les hannetons bourdonnaient, ils voulaient tous accompagner Hjalmar et ils avaient tous une histoire à raconter.
Ah! ce fut une belle promenade en bateau! Par moments, les bois étaient épais et sombres, puis ils devenaient des jardins ensoleillés et fleuris, avec de grands châteaux de cristal et de marbre. Sur les balcons se tenaient des princesses qui étaient toutes des petites filles connues de Hjalmar avec lesquelles il avait déjà joué. Elles étendaient la main et tendaient chacune le petit cochon de sucre le plus exquis qu'aucun confiseur n'eût jamais vendu. Hjalmar au passage saisissait par un bout le petit cochon, la petite fille tenait ferme de l'autre, en sorte que chacun en avait un morceau, elle le plus petit, Hjalmar de beaucoup le plus gros.
Devant chaque château de petits princes montaient la garde, ils portaient armes avec des sabres d'or et faisaient pleuvoir des raisins secs et des soldats de plomb. C'étaient de véritables princes!
Hjalmar naviguait tantôt à travers des forêts, tantôt à travers d'immenses salles ou à travers une ville. Il lui arriva même de traverser la ville où habitait sa bonne d'enfant, celle qui le portait dans ses bras quand il était tout petit et qui l'aimait tant. Elle lui fit des signes et lui sourit et chanta cet air charmant qu'elle avait, elle-même, composé pour lui:
Je pense à toi à toute heure
Mon cher petit Hjalmar chéri.
C'est moi qui baisais ta petite bouche
Et aussi ton front, tes joues vermeilles.
Je t'ai entendu dire tes premiers mots
Et puis il a fallu te quitter.
Que Notre-Seigneur te bénisse ici-bas
Mon bel ange descendu des cieux.
Tous les oiseaux chantaient avec elle, les fleurs dansaient sur leur tige et les vieux arbres dodelinaient de la tête comme si Ole Ferme-l'œil eût aussi, pour eux, raconté cette histoire.
MERCREDI
Oh! comme la pluie tombait au-dehors. Hjalmar l'entendait même dans son sommeil et quand Ole Ferme-l'œil entrouvrit une fenêtre, il vit que l'eau montait jusqu'au ras du chambranle. Un vrai lac. Mais un magnifique navire mouillait devant la maison.
- Viens-tu avec nous, petit Hjalmar? dit Ole Ferme-l'œil. Tu pourras voyager cette nuit dans les pays étrangers et être de retour demain matin.
Et voilà Hjalmar, dans son costume du dimanche, debout sur le magnifique navire.
Le temps devint aussitôt radieux. Ils naviguèrent de par les rues, croisèrent devant l'église et bientôt ils furent en pleine mer. On alla si loin qu'on ne voyait plus aucune terre, mais seulement une troupe de cigognes qui venaient aussi du Danemark et allaient vers les pays chauds. Elles se suivaient l'une derrière l'autre et avaient déjà volé si longtemps, si longtemps! L'une d'elles était très fatiguée, ses ailes ne pouvaient plus la porter, elle était la dernière de la file. Bientôt elle fut loin derrière les autres, elle volait de plus en plus bas, donna encore quelques faibles coups d'ailes, mais en vain, elle toucha de ses pieds le cordage du bateau, glissa le long de la voile et poum! la voilà sur le pont.
Le mousse la prit et l'enferma dans le poulailler avec les poules, les canards et les dindons; la pauvre cigogne était toute confuse de cette compagnie.
- En voilà un drôle d'oiseau, dirent les poules.
- Nous sommes bien tous d'accord, elle est stupide.
- Bien sûr, elle est stupide, gloussa le dindon.
Alors la cigogne se tut et rêva de son Afrique.
- Comme vous avez là de jolies longues jambes maigres, dit la dinde. Combien en vaut l'une?
- Coin, coin, coin, ricanaient les canards.
Mais la cigogne fit celle qui n'a rien entendu.
- Vous pourriez bien rire avec nous, dit le dindon, car c'était très spirituel ou bien peut-être n'était-ce pas d'un goût assez relevé pour vous, si haut perchée! Glouglou, madame n'aime pas la plaisanterie. Alors, soyons spirituels entre nous.
Et les poules de glousser et les canards de cancaner. Coin! Coin! Coin! C'était extraordinaire comme ils se trouvaient drôles.
Mais Hjalmar alla droit au poulailler, ouvrit la porte, appela la cigogne qui sautilla sur le pont jusqu'à lui; elle s'était reposée et saluait Hjalmar comme pour le remercier, puis elle étendit ses ailes et s'envola vers les pays chauds tandis que les poules gloussaient, que les canards faisaient coin, coin, et que la tête du dindon devenait toute rouge.
- Demain on fera une soupe de vous tous, disait Hjalmar et il s'éveilla, couché dans son petit lit.
C'était un voyage extraordinaire qu'Ole Ferme-l'œil lui avait fait faire ...
JEUDI
- Attends! dit Ole Ferme-l'œil, n'aie pas peur, tu vas voir une petite souris.
Et il tendit vers lui sa main où était assise la jolie petite bête. Elle est venue t'inviter au mariage de deux petites souris qui vont entrer en ménage cette nuit. Elles habitent sous le garde-manger de ta mère, il paraît que c'est un appartement incomparable.
- Mais comment pourrai-je passer dans le petit trou de souris du parquet? demanda Hjalmar.
- Laisse-moi faire! dit Ole Ferme-l'œil, je vais te rendre tout petit.
De sa seringue magique il toucha Hjalmar qui aussitôt devint de plus en plus petit jusqu'à n'être pas plus grand qu'un doigt.
- Maintenant tu peux emprunter ses vêtements au soldat de plomb, je crois qu'ils t'iront bien.
- Allons-y, fit Hjalmar.
Et en un instant le voilà habillé comme le plus mignon petit soldat de plomb.
- Voulez-vous avoir la bonté de vous asseoir dans le dé à coudre de votre mère, dit la souris, j'aurai l'honneur de vous tirer.
- Mon Dieu, mademoiselle, allez-vous prendre cette peine? dit Hjalmar.
Et les voilà partis au mariage de souris.
D'abord, ils passèrent sous le parquet dans un long couloir, juste assez haut pour que l'attelage du dé à coudre pût y passer.
- Est-ce que ça ne sent pas bon ici? dit la souris, tout le couloir a été enduit de couenne, on ne peut pas faire mieux.
Puis ils arrivèrent dans la salle du mariage. A droite se tenaient toutes les souris femelles; elles susurraient et chuchotaient comme si elles se moquaient les unes des autres, à gauche se tenaient les mâles, ils se lissaient la moustache avec leur patte. Au milieu de la salle se tenaient les mariés, debout dans une croûte de fromage évidée, et ils s'embrassaient à bouche que veux-tu, devant tout le monde, puisqu'ils étaient fiancés et allaient se marier dans un instant.
Il arrivait de plus en plus d'invités et les souris étaient serrées à s'écraser, les mariés étaient placés au beau milieu de la porte, de sorte qu'on ne pouvait ni entrer ni sortir. La salle étant frottée à la couenne, on n'offrait rien d'autre à manger, mais comme dessert on apporta un pois dans lequel une souris de la famille avait, de ses petites dents, gravé le nom des mariés ou du moins leurs initiales. C'était tout à fait splendide.
Toutes les souris furent d'accord pour dire que c'était un beau mariage.
VENDREDI
- C'est inouï combien de gens d'un certain âge voudraient m'avoir auprès d'eux, dit Ole Ferme-l'œil, surtout ceux qui ont quelque chose à se reprocher. « Mon bon petit Ole, me disent-ils, nous ne pouvons nous endormir et toute la nuit nous sommes là à voir défiler nos mauvaises actions qui comme d'affreux petits démons s'asseyent sur notre lit et nous aspergent d'eau bouillante. Ne voudrais-tu pas venir les chasser que nous puissions dormir d'un bon somme?» Ils soupirent et ajoutent tout bas: « Nous te paierons bien. Bonsoir Ole, l'argent est sur le bord de la fenêtre ». Mais je ne fais pas ça pour de l'argent, terminait Ole Ferme-l'œil.
- Qu'est-ce qui va arriver cette nuit? demanda Hjalmar.
- Eh bien! je ne sais pas si tu as envie de venir encore ce soir à un mariage d'un tout autre genre que celui d'hier. La grande poupée de ta sœur, celle qui a l'air d'un homme et qu'on appelle Hermann va épouser la poupée Bertha, c'est d'ailleurs l'anniversaire de la poupée, il y aura donc beaucoup de cadeaux.
- Oui, je connais ça! dit Hjalmar, quand les poupées ont besoin de robes neuves, ma sœur décide que c'est leur anniversaire ou qu'elles se marient. C'est arrivé plus de cent fois.
- Oui, mais cette nuit, c'est le cent unième mariage et quand le cent unième est terminé, tout est fini. C'est pourquoi celui-ci sera splendide. Regarde un peu!
Hjalmar regarda vers la table, la petite maison de carton était là avec ses fenêtres éclairées et tous les soldats de plomb présentaient armes. Les couples de fiancés étaient assis par terre, le dos appuyé au pied de la table, très songeurs, et ils avaient sans doute pour cela de bonnes raisons. Ole Ferme-l'œil, vêtu de la jupe noire de grand-mère, les bénit. Après la bénédiction tous les meubles de la chambre entonnèrent la jolie chanson que voici, écrite par le crayon sur l'air de la retraite:
Notre chanson arrive comme le vent
Sur le couple nuptial dans la chambre
Tous deux raides comme des baguettes
Ils sont faits de peau de gants
Bravo, bravo pour la peau et les baguettes
Nous le chantons à tous les vents.
Puis on leur offrit tous les cadeaux, ils avaient demandé qu'il n'y eût rien de comestible car leur amour leur suffisait.
- Allons-nous rester dans le pays ou voyager à l'étranger? demanda le marié. Ils prirent conseil de l'hirondelle qui avait beaucoup voyagé et de la vieille poule de la basse-cour qui avait couvé cinq fois des poussins.
L'hirondelle parla des pays chauds où le raisin pend en grandes et lourdes grappes, où l'air est doux et où les montagnes ont des couleurs qu'on ne connaît pas du tout ici.
- Mais ils n'ont pas nos choux verts, dit la poule. J'ai passé un été à la campagne avec mes poussins, il y avait un coin de gravier où nous pouvions gratter, et puis il y avait une sortie vers un potager plein de choux verts. Oh! qu'ils étaient verts. Je ne peux rien m'imaginer de plus beau.
- Mais un chou est pareil à un autre, dit l'hirondelle, et puis il fait souvent si mauvais temps ici.
- Oui mais on y est bien habitué.
- Et puis il fait froid, on gèle ici.
- Cela fait beaucoup de bien au chou. D'ailleurs, il arrive que nous ayons chaud. Il y a quatre ans, nous avons eu un été qui a duré cinq semaines où il faisait si chaud qu'on suffoquait. Et puis, nous n'avons pas de ces bêtes venimeuses qu'ils ont là-bas et nous n'avons pas de brigands. C'est une honte de ne pas trouver notre pays le plus beau du monde. Vous ne mériteriez pas d'y vivre.
- Moi aussi, j'ai voyagé. J'ai fait plus de douze lieues en voiture, dans un panier, et je vous assure qu'un voyage n'a rien d'agréable.
- La poule est une femme raisonnable, dit la poupée Bertha. Moi non plus je n'aime pas voyager dans les montagnes pour monter et descendre tout le temps! Nous allons tout simplement nous installer là-bas sur le gravier et nous nous promènerons dans le jardin aux choux.
Et on en resta là.
SAMEDI
- Vas-tu me raconter des histoires maintenant? dit le petit Hjalmar.
- Nous n'avons pas le temps ce soir, dit Ole en ouvrant au-dessus du petit son plus beau parapluie. Regarde ces Chinois!
Et tout le parapluie ressemblait à une grande coupe chinoise ornée d'arbres bleus et de ponts arqués sur lesquels des petits Chinois hochaient la tête.
- Il faut que le monde entier soit astiqué pour demain, dit encore Ole, car c'est dimanche. Mon plus grand travail sera de descendre toutes les étoiles pour les astiquer aussi. Je les prends toutes dans mon tablier mais il faut d'abord les numéroter et mettre le même chiffre dans les trous où elles sont fixées là-haut afin de les remettre à leur bonne place.
- Non, écoutez Monsieur Ferme-l'œil, vous exagérez, s'écria un portrait accroché sur le mur contre lequel dormait le petit garçon. Je suis l'arrière grand-père de Hjalmar. Merci de lui raconter des histoires, mais vous ne devriez pas lui fausser ses notions. On ne peut pas décrocher les étoiles et les polir.
- Merci à toi, vieil arrière-grand-père, mais moi je suis encore plus ancien que toi, je suis un vieux païen, les Romains et les Grecs m'appelaient le dieu des Rêves. J'ai toujours fréquenté les plus nobles maisons et j'y vais encore; je sais parler aux petits et aux grands! Tu n'as qu'à raconter à ton idée maintenant.
Ole Ferme-l'œil partit là-dessus en emportant son parapluie.
DIMANCHE
- Bonsoir, dit Ole Ferme-l'œil, et Hjalmar le salua, puis il se leva et retourna contre le mur le portrait de l'arrière-grand-père afin qu'il ne prît pas part à la conversation comme la veille.
- Voilà! tu vas me raconter des histoires, celle des « Cinq pois verts qui habitaient la même cosse», celle de « l'Os de coq qui faisait la cour à l'os de poule », celle de «l'Aiguille à repriser si fière d'elle-même qu'elle se figurait être une aiguille à coudre ».
- Il ne faut pas abuser des meilleures choses! dit Ole Ferme-l'œil, je vais plutôt te montrer quelqu'un; je vais te montrer mon frère, il s'appelle aussi Ole Ferme-l'œil mais ne vient jamais plus d'une fois chez quelqu'un et quand il vient, il le prend avec lui sur son cheval et il raconte: oh! quelles histoires! Il n'en sait que deux: une si merveilleusement belle que personne au monde ne pourrait l'imaginer, une si affreuse et si cruelle - impossible de la décrire.
Et puis il éleva dans ses bras le petit Hjalmar jusqu'à la fenêtre et lui dit:
- Regarde! voilà mon frère, l'autre Ole Ferme-l'œil qu'on appelle aussi la Mort. Tu vois, il n'a pas du tout l'air méchant comme dans les livres d'images où il n'est qu'un squelette, non, son costume est brodé d'argent et c'est un bel uniforme de hussard, une cape de velours noir flotte derrière lui sur le cheval et il va au galop!
Hjalmar vit comment Ole Ferme-l'œil galopait en entraînant des jeunes et des vieux sur son cheval, il en plaçait certains devant lui et d'autres derrière, mais toujours d'abord il demandait:
- Et comment est ton carnet de notes?
Tous répondaient: « Excellent. »
- Faites-moi voir ça! disait-il et il fallait lui montrer le carnet.
Ceux qui avaient « Très bien » ou « Excellent » venaient devant et ils entendaient une merveilleuse histoire, ceux qui n'avaient que « Passable » ou « Médiocre », allaient derrière et entendaient l'histoire horrible. Ils tremblaient et pleuraient, ils voulaient sauter à bas du cheval mais ils ne le pouvaient plus, ils étaient enchaînés à l'animal.
- Mais la Mort est un très gentil Ole Ferme-l'œil numéro deux, dit Hjalmar, je n'en ai pas peur du tout.
- Il ne faut pas en avoir peur, dit Ole, il faut seulement veiller à avoir un bon carnet de notes.
- Ça, c'est un bon enseignement! murmura le portrait de l'arrière-grand-père, il est toujours utile de donner son avis!
Et il était fort satisfait.
Et ceci est l'histoire d'Ole Ferme-l'œil, il viendra sûrement ce soir vous en raconter lui-même bien davantage.